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mercoledì 22 agosto 2012
giovedì 16 agosto 2012
XV Diario di Viaggio ... L'ULTIMO!
Sabato si parte per tornare nella nostra
tanto bella e tanto odiata Italia.
Sono gli ultimi giorni qui, in questa avventura
faticosa, commovente e orribilmente matura.
Anche nelle ultime giornate si sono
affastellati momenti di fatica estrema, con mille
impegni, spettacoli, compere, incontri e l'importantissimo
Seminario organizzato dal Gruppo Galpao!
Abbiamo avuto l'onore incredibile di
poter insegnare ad una classe di 16 allievi
(molto mista, tra universitari, attori
amatoriali e professionisti) negli spazi
del Gruppo Galpao di BH (una tra le più
importanti, interessanti e brave
compagnie di teatro di tutto il Brasile).
Anche gli attori del Galpao ci hanno fatto il
grande onore di presenziare ai Seminario sulla
Commedia dell'Arte e l'Eso-Teatro e ci siamo
riempiti di commozione ai loro abbracci, al loro
ringraziamento sincero per l'insegnamento dato,
alla riscossione della loro stima!
Che meraviglia...
già volavano in aria voci (tanto agognate) come
"tornate..." "contattiamoci e organizziamo un vostro
ritorno..." "lavoriamo assieme altre volte...". Vedremo!
Intanto è già un orgoglio immenso per Ygramul ricevere
tanta stima e gratificazione da personaggi esteri di tale
spessore (come sempre nei nostri viaggi e come MAI
in Italia!). Venerdì ultima replica di "CANDIDO"
per chiudere in allegria e delicatezza nel cortile di una scuola
pubblica di Favela, con bimbi dai 4 mesi ai 6 anni. Bello!
Poi il Seminario al Galpao e una grande Festa finale
di commiato. Italia torniamo... viaggio FINITO...
missione magnificamente compiuta... abbiamo un mondo
di germi addosso da sconfiggere, ma altrettante
cose da raccontare, mettere in scena, mostrare!
Al prossimo viaggio, Vania...
martedì 14 agosto 2012
XIV Diario di Viaggio - Mart 14 Agosto
Siamo tornato da Rio, pieni della sua confusione
festosa e giocosa, del suo mare meraviglioso e
cittadino, dei suoi colori sacri e profani che
dipingono le maioliche variopinte e lucenti delle
scalinate, come le chiese barocche e dorate.
Una città ricca e sporca, carica di ritmi e giochi,
eppure proprio qui (dopo passeggiate al mare,
visite turistiche e camminate da shopping) entriamo
nella favela di Jaquarezinho (la seconda realtà di
periferia urbana più grande del Sud America con
100.000 abitanti!) e per la prima volta il nostro
"Candido" va in scena tra le pistola e i mitragliatori.
La parata, circondata dai bambini, si delinea già in
un clima di guerra, con soste incomprensibili dettate
dalla nostra 'guida' per avvisare i vari drappelli di
ragazzi armati che fanno da palo a tutta la rete del
narcotraffico in favela. Sfrecciano moto strombazzanti
con sopra giovani diciottenni con addosso pistole,
mitra, radioline e collane d'oro. Il nostro spettacolo
va avanti imperterrito e felice, cercando di mascherare
la tensione crescente e vibrante di dover inscenare
una fiaba spensierata davanti ad un pubblico di bambini
molti dei quali finiranno sparati e stroncati dal crack in
questi vicoli di fango e cemento. L'infanzia gioca ancora
in loro, ma negli occhi vediamo ovunque una presenza
della morte, dei rumori delle pallottole con la
polizia, delle urla e delle fughe nei viottoli per scampare...
E' orribile, e per questo lo spettacolo si piega in un
modo ancor più delicato, gentile, attento.
Una carezza per dei bambini induriti dalla violenza quotidiana,
paradossale e dura, mentre ridiamo e cantiamo sotto
lo sguardo di gruppetto di ragazzotti armati, banchetti
alla luce del sole (come in un mercatino) che invece
di esporre frutta e verdura propongono
(con tanto di cartellini prezzati) crack, marijuana,
cocaina, pasticche, colla e
un caricatore da mitragliatore.
Finiamo lo spettacolo, dipingiamo con i bambini,
restiamo nei vicoli a giocare e parlare con i
milioni di abitanti della favela, mentre ci narrano
la storia di lotta di questa gente. Armi, tante armi
e droghe mischiate alla vita comune delle
signore anziane che puliscono i terrazzini e
dei ragazzini che ballano e giocano nei cortili.
___________________________________
Il Gruppo si prepara ora a tornare (mancano solo 4 giorni)
e in quest'ultima fase del viaggio si susseguono riunioni
e discussioni dure, delicate, amorose e violente!
Stiamo ponendo le basi per comprendere cosa
porteremo in Italia di tutte questa immensa esperienza...
delle importantissime interviste fatte (che testimoniano le
molte lotte a cui abbiamo assistito e in piccola parte
contribuito), le musiche ascoltate, i riti visti,
le esperienze in cui ci siamo immersi e le realtà
attraversate! La nebbia di idee si
assembra e dirada in mille modi, cercando di trovare
un equilibrio in questo Gruppo magmatico che durante
tutto il viaggio ha tentanto un ascolto, con non poche
difficoltà, attriti, lotte e dolori.
Intanto continua in mente a danzare il più grande
fantasma di tutta la nostra avventura : come riuscire a
raccontare la realtà dei popoli indigeni?
- I bambini minuscoli che giocano, ballano, cantano
e piangono da soli, armati di giocattoli rimediati
(un barattolo di latta e una busta) come di
armi (un machete, un arco, una pietra, una forbice...),
tutti da soli, senza alcun controllo, alcuno sguardo.
Una banda solare e disumana, in grado di svegliarti
la mattina con una carezza e un sorriso a denti
marci, pieno di puro candore... e poco dopo
lapidare un povero cane e ridere sadicamente del
suo guaire senza scampo;
- Uomini tutto il giorno chini sulle loro sigarette,
a parlare con frasi smozzicate e monosillabi,
all'ombra del 'Cuscei' (la casa di preghiera per
soli uomini), attendendo un tempo infinito
ma senza alcuna noia, con un ritmo incomprensibilmente
naturale e vegetale;
- Donne che cuociono, lavano, cuciono, cantano,
puliscono... fanno ogni attività del villaggio, totalmente
isolate e felici, sole eppure così forti e consapevoli;
- Capi gloriosi, saggi, preziosi e antichi, carichi di
magia e di potere, che bevono un goccio di
cachaça in città e si spalmano a terra ubriachi,
cantando e sbraitando la loro squallida tristezza, come
barboni sbandati e dissociati;
- e poi il più orribile dei misteri... gli scarafaggi!
Tutta la nostra presenza in riserva indigena è stata
ammantata non solo dalla pochissima e orribile igiene
di un popolo ridotto alla povertà più assoluta (nessuna
foresta, nessun animale, niente acqua...) : scabbia, pulci,
nessun bagno, fango e cani rognosi; ma soprattutto
dall'orribile piaga degli scarafaggi. Migliaia, milioni, miliardi
di scarafaggi ovunque: nelle amache, nelle scarpe, nelle
tasche dei pantaloni, dentro ogni pertugio della nostra
scenografia, nelle pieghe delle stoffe dei vestiti
di scena, nelle zip delle valigie, nei libri, negli ingranaggi
della telecamera, nei tasti della fisarmonica... scarafaggi
ovunque, da far impazzire qualunque debole e
infantile 'bianco' e far crollare dalle risate e dall'imbarazzo
gli indio che vi convivono senza alcun timore.
Noi che schiacciamo, sgrulliamo, laviamo, svuotiamo,
urliamo, frigniamo e saltiamo di paura ad ogni
manciata di insetti che ci rotola via dalle camice
mentre i bimbi nudi se li fanno camminare sulla
testa come gocce di rugiada.
Indio... un mistero meraviglioso...
festosa e giocosa, del suo mare meraviglioso e
cittadino, dei suoi colori sacri e profani che
dipingono le maioliche variopinte e lucenti delle
scalinate, come le chiese barocche e dorate.
Una città ricca e sporca, carica di ritmi e giochi,
eppure proprio qui (dopo passeggiate al mare,
visite turistiche e camminate da shopping) entriamo
nella favela di Jaquarezinho (la seconda realtà di
periferia urbana più grande del Sud America con
100.000 abitanti!) e per la prima volta il nostro
"Candido" va in scena tra le pistola e i mitragliatori.
La parata, circondata dai bambini, si delinea già in
un clima di guerra, con soste incomprensibili dettate
dalla nostra 'guida' per avvisare i vari drappelli di
ragazzi armati che fanno da palo a tutta la rete del
narcotraffico in favela. Sfrecciano moto strombazzanti
con sopra giovani diciottenni con addosso pistole,
mitra, radioline e collane d'oro. Il nostro spettacolo
va avanti imperterrito e felice, cercando di mascherare
la tensione crescente e vibrante di dover inscenare
una fiaba spensierata davanti ad un pubblico di bambini
molti dei quali finiranno sparati e stroncati dal crack in
questi vicoli di fango e cemento. L'infanzia gioca ancora
in loro, ma negli occhi vediamo ovunque una presenza
della morte, dei rumori delle pallottole con la
polizia, delle urla e delle fughe nei viottoli per scampare...
E' orribile, e per questo lo spettacolo si piega in un
modo ancor più delicato, gentile, attento.
Una carezza per dei bambini induriti dalla violenza quotidiana,
paradossale e dura, mentre ridiamo e cantiamo sotto
lo sguardo di gruppetto di ragazzotti armati, banchetti
alla luce del sole (come in un mercatino) che invece
di esporre frutta e verdura propongono
(con tanto di cartellini prezzati) crack, marijuana,
cocaina, pasticche, colla e
un caricatore da mitragliatore.
Finiamo lo spettacolo, dipingiamo con i bambini,
restiamo nei vicoli a giocare e parlare con i
milioni di abitanti della favela, mentre ci narrano
la storia di lotta di questa gente. Armi, tante armi
e droghe mischiate alla vita comune delle
signore anziane che puliscono i terrazzini e
dei ragazzini che ballano e giocano nei cortili.
___________________________________
Il Gruppo si prepara ora a tornare (mancano solo 4 giorni)
e in quest'ultima fase del viaggio si susseguono riunioni
e discussioni dure, delicate, amorose e violente!
Stiamo ponendo le basi per comprendere cosa
porteremo in Italia di tutte questa immensa esperienza...
delle importantissime interviste fatte (che testimoniano le
molte lotte a cui abbiamo assistito e in piccola parte
contribuito), le musiche ascoltate, i riti visti,
le esperienze in cui ci siamo immersi e le realtà
attraversate! La nebbia di idee si
assembra e dirada in mille modi, cercando di trovare
un equilibrio in questo Gruppo magmatico che durante
tutto il viaggio ha tentanto un ascolto, con non poche
difficoltà, attriti, lotte e dolori.
Intanto continua in mente a danzare il più grande
fantasma di tutta la nostra avventura : come riuscire a
raccontare la realtà dei popoli indigeni?
- I bambini minuscoli che giocano, ballano, cantano
e piangono da soli, armati di giocattoli rimediati
(un barattolo di latta e una busta) come di
armi (un machete, un arco, una pietra, una forbice...),
tutti da soli, senza alcun controllo, alcuno sguardo.
Una banda solare e disumana, in grado di svegliarti
la mattina con una carezza e un sorriso a denti
marci, pieno di puro candore... e poco dopo
lapidare un povero cane e ridere sadicamente del
suo guaire senza scampo;
- Uomini tutto il giorno chini sulle loro sigarette,
a parlare con frasi smozzicate e monosillabi,
all'ombra del 'Cuscei' (la casa di preghiera per
soli uomini), attendendo un tempo infinito
ma senza alcuna noia, con un ritmo incomprensibilmente
naturale e vegetale;
- Donne che cuociono, lavano, cuciono, cantano,
puliscono... fanno ogni attività del villaggio, totalmente
isolate e felici, sole eppure così forti e consapevoli;
- Capi gloriosi, saggi, preziosi e antichi, carichi di
magia e di potere, che bevono un goccio di
cachaça in città e si spalmano a terra ubriachi,
cantando e sbraitando la loro squallida tristezza, come
barboni sbandati e dissociati;
- e poi il più orribile dei misteri... gli scarafaggi!
Tutta la nostra presenza in riserva indigena è stata
ammantata non solo dalla pochissima e orribile igiene
di un popolo ridotto alla povertà più assoluta (nessuna
foresta, nessun animale, niente acqua...) : scabbia, pulci,
nessun bagno, fango e cani rognosi; ma soprattutto
dall'orribile piaga degli scarafaggi. Migliaia, milioni, miliardi
di scarafaggi ovunque: nelle amache, nelle scarpe, nelle
tasche dei pantaloni, dentro ogni pertugio della nostra
scenografia, nelle pieghe delle stoffe dei vestiti
di scena, nelle zip delle valigie, nei libri, negli ingranaggi
della telecamera, nei tasti della fisarmonica... scarafaggi
ovunque, da far impazzire qualunque debole e
infantile 'bianco' e far crollare dalle risate e dall'imbarazzo
gli indio che vi convivono senza alcun timore.
Noi che schiacciamo, sgrulliamo, laviamo, svuotiamo,
urliamo, frigniamo e saltiamo di paura ad ogni
manciata di insetti che ci rotola via dalle camice
mentre i bimbi nudi se li fanno camminare sulla
testa come gocce di rugiada.
Indio... un mistero meraviglioso...
giovedì 9 agosto 2012
in partenza per Rio...
A breve seguiteremo il racconto del viaggio in Aldeia,
intanto stiamo partendo per Rio... Tutte le febbri si sono
placate e seguitano solo i disturbi intestinali, ma molto
più lievi! Intanto ecco altre splendide foto di Fabio Barbati
sulla nostra esperienza indigena...
intanto stiamo partendo per Rio... Tutte le febbri si sono
placate e seguitano solo i disturbi intestinali, ma molto
più lievi! Intanto ecco altre splendide foto di Fabio Barbati
sulla nostra esperienza indigena...
mercoledì 8 agosto 2012
XIII Diario di Viaggio - Giov 9 Agosto
Domani partiamo alla volta di Rio de Janeiro,
per incontrare il Direttore del Museo Indigeno
e per fare altri spettacoli con l'ausilio e l'ospitalità
delle Brigade Popolari. Siamo ancora esausti e
scombussolati (soprattutto nella mente e nell'intestino)
dalla fortissima e misteriosa esperienza indigena,
che racconterò a piccoli passi,
cercando di tradurre in sintetici e semplici diari
l'universo di oscure vicende e incomprensibili
modalità di vita che costellano il mondo indigeno,
come a noi si è mostrato.
Siamo partiti il 1 Agosto con un autobus illegale,
di notte, nel più avventuroso e strampalato dei
principi. Il carico di zaini e scenografia
pressato a calci in un delirante sportellone di pulman
infangato e carico di biciclette, motorini, pacchi di biscotti e
valigie di ogni forma e materia. In una nottata di
paura, tra la corsa folle e nauseante del conducente,
i vetri rotti che sbuffavano spifferi gelidi su noi passeggeri,
un tanfo di 'cane baganato' all'interno ed un imprecisato
numero di passeggeri.... siamo arrivati, dopo circa 6 ore,
stremati alle 5.00 del mattino (notte fonda) a 'Teofilo Ottone'.
Da lì, circondando semi dormienti la nostra immensa pila
di bagagli, abbiamo cercato di organizzare il modo più
semplice per giungere alla ancora lontana meta (altri 220 km).
Alle 8.00 del mattino abbiamo risolto con una 'combi'
(un mini bus) di un simpaticissimo e pasciuto taxista
(Mr. Washinton) che ci ha scorrazzato allegramente per le
stupende strade dell'alto Minas Gerais, sino al confine con
lo stato di Bahia.
Nel triste e desolato paesotto di Santa Elèna
abbiamo scoperto di non avere alcun appoggio o copertura
per entrare in riserva indigena nè della Funai (organo di polizia
del governo per difendere le aree indigene) nè del
Polo della Salute (dottori che lavorano ogni giorno con la
riserva occupandosi in particolar modo dei bambini).
Abbiamo provato la carta dell'illegalità (sperando si non essere
scoperti, di non incontrare nessuno, e di poterci infilare in
terra indigena da soli). Così, organizzata la spesa e gli ultimi
contatti, siamo entrati in riserva, tra le strade fangose di
terra rossa, le pozzanghere e le colline verdi incolte.
Alle 16.00, dopo mille ricerche tra indio che ci schernivano
e indicazioni casuali e folli, siamo arivati a sorridere e stringere
la mano a Toninho (il Pagè, sciamano conoscitore dei canti
e delle danze Maxacalì, che ci aveva ufficialmente invitati dal
Festival di Diamantina). Il vecchio sacerdote ci ha accolto nella
sua stessa capanna (spostando tutta la sua famiglia) e ha dato il
via ad una meravigliosa cerimonia di benvenuto ricca di canti,
danze, gesti... Gli spiriti del fiume e della foresta, coperti di
fango e di foglie, ci hanno ringraziato per il cibo portato alla
comunità, mentre donne e bambini ridevano ovunque
e l'universo indigeno si spalancava ai nostri occhi.
E' cominciata così la nostra immersione tra i Maxacalì....
per incontrare il Direttore del Museo Indigeno
e per fare altri spettacoli con l'ausilio e l'ospitalità
delle Brigade Popolari. Siamo ancora esausti e
scombussolati (soprattutto nella mente e nell'intestino)
dalla fortissima e misteriosa esperienza indigena,
che racconterò a piccoli passi,
cercando di tradurre in sintetici e semplici diari
l'universo di oscure vicende e incomprensibili
modalità di vita che costellano il mondo indigeno,
come a noi si è mostrato.
Siamo partiti il 1 Agosto con un autobus illegale,
di notte, nel più avventuroso e strampalato dei
principi. Il carico di zaini e scenografia
pressato a calci in un delirante sportellone di pulman
infangato e carico di biciclette, motorini, pacchi di biscotti e
valigie di ogni forma e materia. In una nottata di
paura, tra la corsa folle e nauseante del conducente,
i vetri rotti che sbuffavano spifferi gelidi su noi passeggeri,
un tanfo di 'cane baganato' all'interno ed un imprecisato
numero di passeggeri.... siamo arrivati, dopo circa 6 ore,
stremati alle 5.00 del mattino (notte fonda) a 'Teofilo Ottone'.
Da lì, circondando semi dormienti la nostra immensa pila
di bagagli, abbiamo cercato di organizzare il modo più
semplice per giungere alla ancora lontana meta (altri 220 km).
Alle 8.00 del mattino abbiamo risolto con una 'combi'
(un mini bus) di un simpaticissimo e pasciuto taxista
(Mr. Washinton) che ci ha scorrazzato allegramente per le
stupende strade dell'alto Minas Gerais, sino al confine con
lo stato di Bahia.
Nel triste e desolato paesotto di Santa Elèna
abbiamo scoperto di non avere alcun appoggio o copertura
per entrare in riserva indigena nè della Funai (organo di polizia
del governo per difendere le aree indigene) nè del
Polo della Salute (dottori che lavorano ogni giorno con la
riserva occupandosi in particolar modo dei bambini).
Abbiamo provato la carta dell'illegalità (sperando si non essere
scoperti, di non incontrare nessuno, e di poterci infilare in
terra indigena da soli). Così, organizzata la spesa e gli ultimi
contatti, siamo entrati in riserva, tra le strade fangose di
terra rossa, le pozzanghere e le colline verdi incolte.
Alle 16.00, dopo mille ricerche tra indio che ci schernivano
e indicazioni casuali e folli, siamo arivati a sorridere e stringere
la mano a Toninho (il Pagè, sciamano conoscitore dei canti
e delle danze Maxacalì, che ci aveva ufficialmente invitati dal
Festival di Diamantina). Il vecchio sacerdote ci ha accolto nella
sua stessa capanna (spostando tutta la sua famiglia) e ha dato il
via ad una meravigliosa cerimonia di benvenuto ricca di canti,
danze, gesti... Gli spiriti del fiume e della foresta, coperti di
fango e di foglie, ci hanno ringraziato per il cibo portato alla
comunità, mentre donne e bambini ridevano ovunque
e l'universo indigeno si spalancava ai nostri occhi.
E' cominciata così la nostra immersione tra i Maxacalì....
Mentre ci riprendiamo dalle varie febbri...
A breve, con il XIII Diario, mostreremo anche gli scatti
del bellissimo incontro con gli indio Maxacalì...
SPETTACOLO nel Parco Municipale di BH
martedì 7 agosto 2012
XII Diario di Viaggio - Mart 7 Agosto
Ygramul torna dalla stupenda terra indigena dei Maxakalì!
Tutti infebbrati, stanchi, sporchi, storditi e invasi da 'blatte' che
hanno fortemente debilitato la nostra resistenza in Aldeia.
Gli intestini in subbuglio e i brividi nelle osse... ma felicissimi
di aver incontrato un popolo così magnificamente terribile,
orribilmente sincero e vero, splendidamente concreto...
abbiamo incontrato un vero 'Popolo di Foresta',
portando spettacoli, scambiando canti e
cercando di comprendere l'enorme mistero indigeno.
A breve il Racconto, per ora riposiamo recuperando
il duro colpo intestinale (stiamo bene ma siamo irrimediabilmente
dei semplici e deboli occidentali bianchi!).
Tra un febbrone e un bagno ci riprendiamo...
Tutti infebbrati, stanchi, sporchi, storditi e invasi da 'blatte' che
hanno fortemente debilitato la nostra resistenza in Aldeia.
Gli intestini in subbuglio e i brividi nelle osse... ma felicissimi
di aver incontrato un popolo così magnificamente terribile,
orribilmente sincero e vero, splendidamente concreto...
abbiamo incontrato un vero 'Popolo di Foresta',
portando spettacoli, scambiando canti e
cercando di comprendere l'enorme mistero indigeno.
A breve il Racconto, per ora riposiamo recuperando
il duro colpo intestinale (stiamo bene ma siamo irrimediabilmente
dei semplici e deboli occidentali bianchi!).
Tra un febbrone e un bagno ci riprendiamo...
mercoledì 1 agosto 2012
Pausa...
Ygramul parte per andare in Terra Indigena (nell´Aldeia del popolo Maxakali´dal Capo Toninho). Vivremo assieme al complesso universo indigeno da domani, 2 Agosto, fino al 6 Agosto, quindi nessun contatto con internet o cellulari. Non vi preocupate, ci risentiamo e aggiorniamo il BLOG del Viaggio dal 7. Andiamo a danzare e cantare con gli Indio e portiamo li´il nostro "CANDIDO"!
XI Diario di Viaggio - Merc 1 Agosto
Il mio sintetico diario NON riesce a stare al ritmo delle mille cose piccole e grandi che ci accadono... l'Agenda intensa di incontri e spettacoli ci trascina in un turbinio (o meglio un vortice patafisico) di periferie urbane emozionanti, di associazioni in lotta, di persone straordinarie... Ieri un viaggio lontano con la Combi (pulmino) cigolante in una terra negra (un Quilombo sperduto tra le verdissime colline di Belo Valle). Ci accoglie l'orribile storia nera della schiavitù, con la fame, le violenze, i diritti infranti e la sottomissione di un popolo glorioso e solare come solo l'Africa può essere. Le lacrime si affacciano mentre i bambini danzano Capoeira e un vecchio malmesso crolla a terra con le gambe legate ed un bambù issato in spalle (per inscenare l'orrore dello schiavismo). Facciamo lo spettacolo a disagio, con un senso di colpa soffocante, mentre gli spiriti dei tanti schiavi qui svaniti ci osservano e le pietre della vecchia Fazenda dei Padroni brillano amichevoli (indicandoci fratelli di un universo europeo e bianco rinnegato). Oggi tutto di corsa, prepariamo i bagagli e ci apprestiamo al trasloco, per spostarci di casa e viaggiare (questa notte, in 12 ore di pulman) verso la terra Maravilha del Capo Indio Maxakalì Toninho. Staremo in Aldeia da domani fino al 6 Agosto... quindi nessun contatto, nessun sms o legame (eccetto che con il Polo della Salute della cittadina di Santa Elena). Ci risentiamo tra una settimana, quando potremo raccontare delle Danze, dei Canti, degli spettacoli e soprattutto dell'incontro con l'universo del "popolo della foresta"... gli indio.
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